figa, qui?

14 Maggio 2013

glonassLeggo sul sito del commerciante Vivilibero questa interessante comparazione di prestazioni tra GPS Garmin, condotta in occasione dell’uscita sul mercato dei nuovi modelli a doppia costellazione, un’opzione fino a ieri economicamente proibitiva che sto tenendo d’occhio io stesso da qualche tempo.
Si parte con una comparazione di TTFF tra i 3 modelli Garmin, poi il tempo di stabilizzazione del segnale (l’articolo ammette comunque che questi parametri contano sega), calcolo della quota, numero di satelliti in vista e precisione stimata, per finire con un’analisi della traccia rilevata.
Non sono nuovo a questo genere di esperimenti, ne faccio io stesso, ma quello che mi fa astenere dal pubblicare risultati è la non attendibilità degli stessi.
Con ciò non intendo dire che l’articolo faccia cagare, o che porti a risultati errati (molto interessante la “coerenza nell’errore” nei due apparecchi GPS, che dimostra come il cambiamento della posizione dei satelliti rispetto all’ora del giorno possa cambiare sostanzialmente la traccia rilevata indipendentemente dallo strumento usato), ma avrei sottolineato i limiti della credibilità delle misurazioni, e mi preme far notare come sia stato dato conto a misurazioni di dubbia utilità, tralasciando le uniche che servono a qualcosa.
Dopo un primo capitolo, inutile per stessa ripetuta ammissione dell’autore, il seguente “numero di satelliti a vista, accuratezza della posizione e calcolo della quota” è quello che mi ha fatto alzare il sopracciglio più in alto.
Cominciamo col numero dei satelliti agganciati. Cosa mi dice questo dato? Niente: due satelliti allo Zenit lavorano meglio di 5 satelliti sull’orizzonte: agganciare più satelliti inutilizzabili porta a misurazioni più precise? Se sì, come? Quanto? I primi due apparecchi, che hanno lo stesso chipset e prendono la stessa costellazione, differiscono per la presenza di un’antenna esterna nel primo, che gli permette di “agganciare” più satelliti, ma questo in cosa si traduce? La traccia finale è forse più accurata nel primo apparecchio? Non mi pare dalla grafica, o meglio, non possiamo saperlo.
Accuratezza. Nello stile Garmin, l’accuratezza è un valore in metri ottenuto con una stima partendo dagli unici dati certi (che non conosciamo, ma che il chipset registra: i famigerati hdop e vdop). i *dop sono misure, mentre l'”accuratezza secondo Garmin” è un’opinione, che tiene conto delle misure, ma le filtra in un algoritmo (che non è noto) e ci restituisce una stima del raggio di errore in metri. Un dato più leggibile e user friendly? Certo. un dato che pubblicherei in un comparativa tra apparecchi diversi? Certo che no. Infatti l’articolo segnala che in uno degli apparecchi il dato è inaffidabile, guarda caso nell’apparecchio che stiamo confrontando con gli altri due. Quindi perché dare il dato? L’autore perde qui un’altra ottima occasione per accorciare l’articolo.
Altitudine. L’altitudine nei GPS è un argomento che molta gente fatica a capire. Per prima cosa è poco chiaro cosa sia l’altitudine, ed è poco chiaro come viene calcolata. Lo spiegherò quando ne avrò voglia, ma per oggi basti dire che nella tecnologia GPS il dato verticale accumula molto più errore di quello orizzontale, inoltre “si sente” di più, perché un errore di 10 metri in altitudine dà fastidio all’utente comune più di un errore di 10 metri planimetrico. Per farla breve, il dato dell’altezza nel GPS è troppo approssimativo per essere utile, e per questo gli apparecchi per amatori affiancano al ricevitore GPS anche un sensore barometrico. Uscendo dall’osceno mondo Garmin, altre marche incrociano il valore planimentrico con un DEM, e da quest’ultimo ricavano la quota, un approccio più logico e pulito, che Garmin non implementa per qualche sua bislacca scelta commerciale. Quindi, in un articolo sulla sensibilità di chip GPS, perché parlare delle stime dei sensori barometrici? Tra l’altro senza tararli (o eventualmente disabilitarli) e trarne conclusioni sulle differenze tra l’uso della costellazione gps contro gps+glonass? Confrontandoli, tra l’altro, con dati “cartografici” di cui non si cita provenienza, proiezione, accuratezza?
Infine, l’analisi della traccia. Con queste premesse si tratta dell’unica parte interessante dell’articolo, ma ahimé anche qui i risultati potenzialmente interessanti sono dubbi, inaccurati, derivati con espedienti. Vediamo le tracce rilevate proiettate su Google Earth. Ora, mi piacerebbe una fonte diversa. Vediamoli confrontati con una traccia sicuramente affidabile, presa con un GPS professionale con correzione a terra. Non ce l’avete? Vediamoli su una carta catastale. Non ce l’avete? Vediamoli almeno su una CTR. Diamo tutto in pasto a un GIS (non a Google Earth) e calcoliamo la distanza di ogni punto rilevato dal percorso “vero”, facciamo delle medie fatte bene, facciamo un po’ di conti. Allora sì che vedremo se e quanto la doppia costellazione è più precisa della costellazione singola. L’approccio grafico è bello, intuitivo, ma mettiamoci dentro due numeri, prima di tirare conclusioni tipo “la disponibilità o meno del sistema GLONASS in presenza di una buona visibilità del cielo, è praticamente ininfluente”. La gente magari legge solo le conclusioni in neretto, non legge la parte prima, e pensa che ci siano dei complessi calcoli che dimostrano scientificamente le conclusioni, quando queste sono, in realtà, intuizioni e fantasie dell’autore.


Luneziahenge

16 aprile 2013

manhattanhengeMi imbatto nel concetto già datato, ma che non conoscevo, del Manhattanhenge. In pratica l’allineamento del sole al tramonto con le vie dei grattacieli a New York. Leggo che il fenomeno è visibile nella scena finale di Morning Glory (ma chi l’ha visto?) e in una puntata di CSI. Leggo anche che al MIT hanno la loro versione di MIT-henge, quando il sole si allinea col loro corridoio.
Così cerco e presto trovo questa simpatica applicazione, grazie alla quale calcolo i miei personali Ceparana-henge e Spezia-henge.
Mi è fin troppo familiare il fastidio mattutino mentre guido per andare al lavoro sulla Ripa (R.I.P), durante il Ripa-henge, che si verifica intorno al solstizio invernale.
Ahimé dovremmo però tirare dentro al calcolo anche i collinotti di cui la nostra provincia malaugurata abbonda. Il sole sorge e tramonta effettivamente in asse con la via, ma lo vedi solo mezz’ora dopo (o prima) quando sbuca (o si imbuca) dal (o nel) collinotto di turno, da tutt’altra parte.
Occorre uno sforzo ben superiore, e/o un imponente impegno di tempo libero, per assistere al verificarsi del fenomeno desiderato. Mi vengono in mente almeno due libri, scritti evidentemente da personaggi che di questo tempo dispongono.
Il primo è “apuane segrete”, che riporta pedanti tabelle che incrociano luoghi ed orari per vedere il sole o la luna dentro l’arco del Forato da Pruno.
Il secondo l’ho visto in libreria, senza comprarlo, perché non darei soldi a Calz0lari, ma è una summa delle sue famose farneticazioni sui druidi di Lerici. Sfogliandolo, ho visto qualche grezzo tentativo di righe tirate su carte tecniche, ad indicare la direzione dei raggi solari all’alba del solstizio estivo e di come vanno a imbucarsi in questo o quel pietrone.
Mi chiedo solo quanto diritte dovrebbero essere queste righe, per essere attendibili, su una proiezione trasversa di Marcatore. Ve lo lascio come facile compito.


aprire culi

17 giugno 2010

Bella ma rara, come una gemma, mi è capitata tra le mani la nuova cartina del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano. Uscita quest’anno (presentata a Gennaio) è ancora, per quanto ne so, del tutto introvabile in loco: sugli scaffali dei rifugi e dei bar è infatti sempre disponibile l’infame Multigraphic. Plaudo a questa produzione del Parco, manifattura SELCA, più che altro proprio perché dovrebbe contribuire a piantare chiodi nella bara della mai sufficientemente vituperata Multigraphic, che dal canto suo, invece di abbandonarsi all’inesorabile destino, compie uno sforzo di marketing senza precedenti e compare, come la gramigna, ovunque, fino agli scaffali del Leclerc. Questa SELCA, invece, non si trova, e bisogna scomodare una volta ancora Stella Alpina per riuscire ad averne una copia. O forse ne hanno qualche copia alla sede dell’ente parco, a Sassalbo. Ma sappiamo tutti cosa si dice dei sassalbini e da chi Sassalbo sia frequentata, quindi non mi sono avventurato a trovare prova di ciò che dico. Triste, il mondo.
Trattasi, comunque, di carta redatta digitalmente (il mio modo per dire “da soli dati vector”) con base cartografica CTR, quindi moderna, e anche qui il paragone va fatto con la Multigraphic, che usa la base (raster) dell’IGMI su cui disegna (a cazzo) i sentieri, un po’ la tecnica usata da, uh, Marco Polo? La numerazione dei sentieri, naturalmente, è aggiornata con le regole CAI/regione Emilia-Romagna e Toscana e si trova quindi compatibilità con i dati di questo sito da cui, immagino, vengono. Perfetta la fusione dei dati CTR provenienti dalle due regioni.
Se devo trovare dei difetti, direi l’allineamento della carta alla proiezione UTM-WGS84, nonché la mancanza di coordinate geografiche: un trend sempre più spesso seguito dalle cartine moderne, che chi mi segue sa che disapprovo, ma soprattutto la divisione in quadri. E vado a spiegarmi: questa carta si fa giustamente vanto di coprire tutto il vasto territorio del Parco, e di essere l’unica che lo fa in un unico prodotto (si presenta infatti come un cofanetto da 2 cartine stampate fronte-retro, quindi abbiamo 4 quadranti). Il problema è che, essendo le cose più interessanti, cioè l’area protetta del parco, tutte distribuite lungo una striscia (lo spartiacque tosco-emiliano), inevitabilmente la divisione in quadranti va a spezzare proprio dove ci sono le cose che servono. La zona del Cerreto, che si trova proprio al centro, viene spezzata tra le due cartine, e questo può dare fastidio a chi, come me, frequenta prevalentemente quella. Ma le zone di sovrapposizione sono piuttosto generose, e si fa presto a cambiare lato, mi sembra anzi che ci sia una certa intelligenza escursionistica nella scelta del taglio: sia Cerreto che Lagastrello ad es. cadono sul taglio, ma vengono tagliati in modo da lasciare tutto il lato ovest rispetto alla strada in un solo quadrante, quindi è facile capire quale carta prendere: foglo ovest per la zona Succiso, foglio Est per dalla Nuda in poi.
Ma poi chi davvero, oggi, si porta dietro una cartina, quando può farsene una scansione e stamparsi un A4 da portare in tasca con la zona di propro interesse? Matto, quello è proprio matto perchééééé forse non saaaaa….


clash of the titans

4 marzo 2010

Ci sono diversi aneddoti che costellano la mia esistenza e che i miei amici amano ricordare per ridere di me e delle mie gesta. L’ultimo in ordine di tempo è che, dopo aver letto la mia comparativa di cartine escursionistiche in base al loro impiego con GPS, alla Tabacco hanno deciso di scrivermi e spedirmi una cartina delle loro per farmela recensire.
Sono lusingato che alla Tabacco ci sia qualcuno che si prende la briga di leggere il Fungo Mauto e che dia una qualche importanza alla mia opinione sui loro prodotti, e sulle prime ho pensato a uno scherzo: ricordo a chi vivesse su Mercurio che la Tabacco non è Ciciola, ma la principale editrice italiana di cartografia escursionistica per le alpi centrali e orientali (la Kompass non vale: è mezza austriaca), e questo ne fa la principale editrice italiana di cartine escursionistiche punto. Per fare un paragone, è come se Tom Waits mi avesse personalmente spedito il suo disco ai tempi in cui facevo il cretino con la chitarra.
Ma non sarà il rispetto dell’auctoritas a blandire la spietatezza del mio implacabile giudizio, per questo ho scelto di far gareggiare come in una lotta canina lo specimen inviatomi dalla Tabacco con un’altra cartina che mi è piovuta ultimamente sotto gli occhi, di provenienza e fattura altrettanto prestigiosa: una cartoguida del progetto “Alpi senza frontiere”.
“Alpi senza frontiere” è una monumentale serie di 20 cartine 1:25000 che copre le Alpi occidentali, frutto degli sforzi congiunti degli istituti geografici nazionali italiano e francese e dei rispettivi club alpini con il generoso contributo dei due governi, delle regioni coinvolte e di fondi europei vari. Con tale cornucopia di denaro pubblico che gli è piovuta sulla testa, “Alpi senza frontiere”, per quanto abbia già qualche annetto, può vantare di essere lo stato dell’arte della cartografia europea. Per ulteriore sboronaggine, ogni carta arriva con un libro di 175 pagine (per questo si chiama cartoguida) che spiega i vari rifugi e itinerari, con tanto di introduzione di Romano Prodi (come presidente della Commissione Europea, parliamo del 2002).
Sono entrambe cartine di eccelsa fattura, ma il pubblico del Fungo Mauto vuole vedere il sangue, quindi le facciamo gareggiare. Non c’è giudizio senza confronto, non c’è confronto senza competizione, e non c’è competizione senza testosterone. Soprattutto, non c’è competizione senza punteggi: per ogni parametro decreterò un vincitore e un perdente, e alla fine vedremo chi si è aggiudicato più battaglie. Per ogni paramero cercherò di evitare il pareggio, e per farlo spaccherò il capello in quattro ed esagererò in pedanteria. Si preannuncia un post MOLTO lungo e nerd.

Essendo due zone che non conosco personalmente (Adamello/Presanella per la Tabacco, Modane-Bardonecchia-Val di Susa per ASF), non posso giudicare per l’unico parametro davvero importante: l’accuratezza e la completezza dei dati rappresentati. Mi limiterò quindi ad una loro trattazione squisitamente formale/grafica.

Packaging: si tratta di due prodotti editoriali diversi (una cartina e una cartoguida), quindi non immediatamente paragonabili. Diciamo che qui si recensisce la cartina che fa parte della cartoguida ASF presa a sé stante. Si fa apprezzare il coordinatometro in trasparenza stampato sull’astuccio in plastica della Tabacco. ASF allega invece un righello di cartoncino separato, ma non è trasparente e non è a forma di squadra (è un semplice righello graduato in centimetri e in scala 1:25mila). Essendo una cartoguida, ASF può permettersi un foglio separato per la legenda, e dedicare tutto lo spazio della cartina alla rappresentazione del territorio. Tabacco, che si aggiudica il primo punto, ha una legenda più stringata, ma con tutto quello che serve, e tutto su un unico foglio. Entrambe le legende sono in 4 lingue. (TAB=1, ASF=0)

Carta e stampa: entrambe le cartine sono dei lenzuoli: 100×115 cm la Tabacco, un po’ più lunga ma altrettanto più stretta la ASF. Entrambe sono stampate su un solo lato: non si poteva stampare sui due lati e dimezzare le dimensioni? non vorrei essere un escursionista che le deve spiegare all’aperto, su terreno bagnato e ventoso. La carta usata dalla Tabacco è un po’ più spessa e lucida (quindi leggermente idrorepellente e antistrappo). Anche nella stampa, la ASF si perde qualche dettaglio. A sua discolpa, ha quasi 10 anni sul groppone, magari ci sono state innovazioni tecnologiche nel frattempo. In ogni caso il punto lo prende Tabacco. (TAB=1, ASF=0)

Orientamento e bordo carta: la Tabacco è orientata correttamente al nord geografico, la ASF è allineata alla quadrettatura chilometrica, quindi al nord della proiezione, che non è formalmente corretto, e mi stupisce vedere questo erroraccio fatto proprio dall’IGM, che sono da sempre i teorici delle triple freccette a bordo carta con l’angolo tra nord geografico, proiettato e magnetico. Si fanno perdonare aggiungendo appunto a bordo carta l’indicazione dello scarto con il nord magnetico, ma commettono l’erroraccio di chiamare “geografico” il nord della proiezione, facendo insomma un gran casino. Entrambe le carte adottano la proiezione UTM/WGS84, e il reticolo chilometrico ad essa conforme. Preferisco il bordo carta della Tabacco, che segna anche le coordinate geografiche, ASF segna solo quelle metriche, e se ne fa pure vanto sul libro alla voce “novità cartografiche: (…) semplificazione delle iscrizioni a margine della carta”. Naturalmente anche in questo caso Tabacco vince contro l’esercito italiano. (TAB=1, ASF=0)

Usabilità GPS: questo ci porta direttamente all’usabilità GPS, riportata sulla copertina di entrambe le carte, di cui parlavo nel mio precedente post grazie al quale mi sono guadagnato questa bella carta della Tabacco. Si era detto in sostanza che serve la quadrettatura chilometrica, preferibilmente secondo le coordinate UTM/WGS84. Entrambe le contendenti soddisfano il requisito, la Tabacco aggiunge un utile coordinatometro per la quale si è già presa un punto, e non posso dargliene un altro per lo stesso merito, così come non posso ri-premiarla per le coordinate geografiche che ASF omette. Premio invece ASF semplicemente perché le coordinate metriche sono riportate per intero e con numeri belli grossi, e non in migliaia, e perché la quadrettatura chilometrica è più visibile (entrambe in ciano, ma ASF usa linee più spesse, e linee ancora più spesse per le cifre tonde ogni 10mila metri, laddove Tabacco usa una quadrettatura a crocette appena percettibile. (Tab=0, ASF=1)

Origine dei dati: ASF, sul libro, può prendersi tutto lo spazio che serve per descrivere accuratamente da dove vengono i dati e a quando sono aggiornati. La data dei rilievi, o almeno dell’ultimo aggiornamento dei dati, è fondamentale: tra 10 anni queste cartine saranno ancora a casa mia, e magari ci sarà stata la guerra atomica e le strade non esisteranno più, serve che da qualche parte sia scritto “la viabilità stradale è aggiornata al…”. ASF scrive a bordo carta che i rilievi topografici e la viabilità vengono dalla carta tecnica del 1995, con parziale aggiornamento al 2002, sulla Tabacco invece vedo solo “edizione 2009” e la dicitura che i dati sono aggiornati secondo gli enti Pinco e Pallino. Aggiornati sì, ma a quando? Un punto per ASF. (TAB=0, ASF=1)

Colori di sfondo e sfumo: ASF usa uno sfumo molto più pesante, che rende bene l’effetto-rilievo quando la carta è vista da lontano, ma perde un po’ in leggibilità da vicino nei punti più scuri. Il verde usato da Tabacco per rappresentare le superfici boscate è più acceso di quello di ASF, risultando in una miglior leggibilità degli elementi soprastanti. Sostanziale parimerito per le aree non boscate e i ghiacciai. (TAB=1, ASF=0)

Isoipse e punti quotati: la novità cartografica più rilevante di ASF è l’utilizzo di isoipse fittissime: ogni 10 metri, contro i tradizionali 25 della Tabacco. Si tratta di una scelta probabilmente dettata dalla necessità: dovendo unire dati italiani (dove si usano le isoipse a 25) con quelli francesi (più rigorosamente decimali), probabilmente si è scelto di usare le isoipse delle Carte Tecniche, tutte a 10 metri. Avrebbero potuto sfoltirle a 20 metri, ma avrebbero perso l’isoipsa portante dei *50 metri. L’unico modo per andare d’accordo coi francesi e salvare l’isoipsa dei *50 è stato quindi lasciarle a 10 metri. Sono forse un po’ troppo fitte e sottili, ma le isoipse portanti (più spesse) aiutano nella lettura. Alla Tabacco hanno scelto poco coraggiosamente le classiche isoipse a 25 metri, e hanno pure dimenticato di scrivere la quota sulle portanti, ritenendo che potessero sufficere un paio di punti quotati per kmq per orientarsi con le altezze. Molti di questi punti, inoltre, non hanno segnato il punto preciso del loro rilevamento ed è facile equivocare su quale sia l’isoipsa più vicina. (Tab=0, ASF=1)

Caratteri tipografici: è noto che i caratteri sans-serif sono generalmente da preferire in tutte le situazioni in cui il testo sia piccolo o confuso con altri elementi, come accade appunto in una cartina, tuttavia è considerato elemento di maggior eleganza inserire sulle cartine anche un font di tipo serif, così per sport, che di solito viene usato per l’idrografia. In tempi più moderni, vedo che anche per l’idrografia ha preso piede il sans serif (sebbene in blu e corsivo), e il sans serif viene utilizzato in situazioni più marginali. Tabacco ne usa uno per i ghiacciai, ASF lo usa invece per i nomi dei boschi. Tutto il resto è sans serif. Per aumentare la leggibilità dei caratteri più piccoli, Tabacco fa un largo uso delle lettere maiuscole, laddove ASF preferisce il grassetto. Non è facile assegnare il punto, ma empiricamente ho notato che ponendomi a circa 80 cm dalle cartine, la percentuale di nomi che sono riuscito a leggere nella ASF è stata superiore. (Tab=0, ASF=1)

Cura del dettaglio: dunque siamo a parimerito, e chi si aggiudica questa piglia tutto. Ero tentato di dare la palma ad ASF semplicemente perché diversifica le aree boscate a seconda dell’essenza dominante (conifere, latifoglie, frutteto…), ma poi mi sono accorto che nella parte francese sono usati caratteri tipografici diversi: tutto questo casino per le cartine italofrancesi e non hanno neanche uniformato i font!!! Varie altre cazzate come il disastro atomico di Chiomonte (cos’è quella roba???) mi hanno fatto infine propendere per dare il voto decisivo alla Tabacco, che, detto per inciso, ha fatto una cartina tutto sommato più leggibile investendoci i propri soldi, e non i miei. (Tab=1, ASF=0)

L’azienda di Tavagnacco vince (pur senza trionfare: 5 a 4) contro l’esercito italiano e Romano Prodi.

[NOTA SUL COPYRIGHT: spero di non finire in tribunale per aver pubblicato riproduzioni parziali della cartina Tabacco senza autorizzazione. Suvvia ragazzi, mi avete chiesto voi la recensione, come facevo senza immagini? E poi avete pure vinto…]


cartine, coniglietti e tartarughine

24 febbraio 2010

Trovarsi a mappare un mondo che l’ha trattato male offre al cartografo frustrato l’occasione di una piccola vendetta. La storia delle libertà che i cartografi si prendono nei confronti del territorio che sono chiamati a rappresentare in modo “ridotto, simbolico e approssimato” è lunga e piena di curiosi aneddoti. Si va dagli americani che in tempi di guerra fredda introducevano deliberatamente errori di proporzioni e distanze tra le loro città per confondere l’eventuale invasore russo, ai cartografi un po’ egotici* che davano il proprio nome a montagne, valli e località più o meno esistenti.
Il sogno di Ahmadinejad di “cancellare Israele dalle carte geografiche” è nei fatti già realizzato: è risaputo che i committenti arabi pagano per avere mappamondi che ne sono privi. Ma se i confini politici possono essere più o meno un’opinione, non si può dire altrettanto per dettagli fisici nelle mappe a media e grande scala.
Piccoli particolari come nomi storpiati, stradine secondarie, anse di fiumi e località inesistenti sono sempre stati aggiunti dai cartografi per smascherare eventuali plagiatori, e venivano chiamati “bunnies” dal nome del giochino che pare andasse in voga sui loro vecchi giornaletti in cui il lettore veniva sfidato a trovare il coniglio in un disegno stipato di dettagli.
Nel caso di Agloe, nome fittizio dato a una località in mezzo al nulla, si è realizzato il paradosso del cartografo birbante: quando lì vennero costruiti i primi edifici, la località prese proprio il nome di Agloe, originariamente un acronimo dei tizi che avevano disegnato la cartina.
Da quando qualche sentenza sancì, almeno negli Stati Uniti, l’inutilità dei “coniglietti” in questioni riguardanti il copyright** le città di carta resistono unicamente come vezzo o firma del cartografo, come succede qualche volta con le easter eggs nel software. C’è stato il caso di una tartarughina di buon auspicio aggiunta sulla casa di un geometra che aveva fornito ai cartografi rilievi particolarmente accurati.
Per quanto mi riguarda, se mai dovessi fare una cartina, i miei conoscenti saranno ricompensati con la propria casa arricchita di un’ala, o inquietantemente cancellata, a seconda di come si sono comportati con me.

* a loro discolpa voglio che il lettore provi a immaginare quanto solitario, monotono e umiliante possa essere stato il lavoro del cartografo in epoca pre-digitale.

** pare invece che in Gran Bretagna se ne faccia vasto e proficuo uso


l’atlante definitivo (update)

2 febbraio 2010

A proposito di atlante definitivo, curiosando su Google Maps spinto dal commento al mio precedente post, ho scoperto con una certa sorpresa che il furgone di Google Streetview è passato sotto casa mia e ha fotografato, nell’ordine, la mia finestra aperta sul nero:

la mia bici:

la mia (vecchia) macchina:

Sospetto, tra l’altro, che questo Google porti sfiga: poco dopo questi scatti la macchina si è irrimediabilmente rotta, e l’ho fatta rottamare restando a piedi, e un negro mi ha sifonato la ruota posteriore della bici. Fortunatamente, la casa non è ancora andata in fiamme.


l’atlante definitivo

1 febbraio 2010

Mi è tornato in mente da qualche giorno il concetto di mappa 1:1 di cui avevo letto da qualche parte. Ho interrogato il mio tassonomo di citazioni di fiducia, che mi ha fatto sapere che il concetto, originariamente nato come una delle mille cazzate di Lewis Carroll, è stato ripreso mezzo secolo dopo da Borges. Ecco i due passaggi (non mi pare che serva la traduzione per nessuno):

“What a useful thing a pocket-map is!” I remarked.
“That’s another thing we’ve learned from your Nation,” said Mein Herr, “map-making. But we’ve carried it much further than you. What do you consider the largest map that would be really useful?”
“About six inches to the mile.”
“Only six inches!” exclaimed Mein Herr. “We very soon got to six yards to the mile. Then we tried a hundred yards to the mile. And then came the grandest idea of all! We actually made a map of the country, on the scale of a mile to the mile!”
“Have you used it much?” I enquired.
“It has never been spread out, yet,” said Mein Herr: “the farmers objected: they said it would cover the whole country, and shut out the sunlight! So we now use the country itself, as its own map, and I assure you it does nearly as well.

Lewis Carroll, Sylvie and Bruno Concluded, 1893.

En aquel Imperio, el Arte de la Cartografía logró tal Perfección que el Mapa de una sola Provincia ocupaba toda una Ciudad, y el Mapa del Imperio, toda una Provincia. Con el tiempo, estos Mapas Desmesurados no satisficieron y los Colegios de Cartógrafos levantaron un Mapa del Imperio, que tenía el Tamaño del Imperio y coincidía puntualmente con él. Menos Adictas al Estudio de la Cartografía, las Generaciones Siguientes entendieron que ese dilatado Mapa era Inútil y no sin Impiedad lo entregaron a las Inclemencias del Sol y los Inviernos. En los Desiertos del Oeste perduran despedazadas Ruinas del Mapa, habitadas por Animales y por Mendigos; en todo el País no hay otra reliquia de las Disciplinas Geográficas.

Jorge Luis Borges, Del rigor en la ciencia, 1946

Osserviamo che per il protagonista di Carroll la massima scala che abbia qualche utilità è six inches to a mile che equivale all’incirca al nostro 1:10000. Stiamo parlando di pocket maps, quindi di mappe per viaggiatori, non carte tecniche o catastali per usi speciali, quindi sono sostanzialmente d’accordo. Si consideri anche che probabilmente ai tempi dello scritto la densità di strade ed edifici era molto inferiore, e che quindi la scala 1:10000 poteva avere la stessa funzione della nostra 1:5000*.
Ma veniamo alla scala 1:1, ed estendiamola all’intero mondo: la superficie terrestre è di circa 510 milioni di chilometri quadrati, ma la rappresentazione su un singolo foglio di carta richiederebbe uno spazio ben maggiore, per via della proiezione adottata, che irrimediabilmente lascerebbe molti spazi bianchi.

Piegare la carta a fisarmonica creerebbe inoltre una serie di problemi, in particolare, rovinerebbe i bordi. Per questo io propenderei per il formato-atlante, che oltre ad evitare le seccature del piegamento e spiegamento (con i noti problemi di copertura della luce solare sollevati dagli agricoltori di Carroll), presenterebbe il vantaggio di poter adottare, per ogni pagina, la proiezione più adatta, evitando quindi gli spazi bianchi della proiezione globale. Dirò di più: poiché la superficie terrestre è localmente approssimabile come piatta (dove per localmente intendiamo le dimensioni di un foglio A3) potremmo anche evitare del tutto di adottare una proiezione cartografica, limitandoci a ricalcare il territorio.
L’unico problema sarebbero le dimensioni dell’atlante. Per un lavoro più snello, potremmo rappresentare solo le terre emerse, che ammontano ad un 29,2% del totale, quindi diciamo 150 milioni di km quadrati. Ipotizziamo un atlante massiccio, con pagine di un metro quadrato l’una, sarebbero un milione di tavole per Kmq, quindi 150 milioni di milioni di tavole. Stampando le pagine fronte/retro, siamo sui 75.000.000.000.000 di pagine. Non eccederei le 1000 pagine per volume, per questioni di consultabilità, arriviamo quindi a un atlante in 75 miliardi di volumi. Con carta abbastanza sottile ma non troppo fragile, si potrebbe arrivare a 10 cm di spessore per ogni volume, quindi con 10 volumi al metro cubo avremmo bisogno di un archivio della capacità di 7,5 miliardi di metri cubi. Lo stato dell’arte dell’archiviazione è il modello “high density storage facility” usato negli Stati Uniti dalla Library of Congress per il suo archivio a Fort Meade, capace di contenere 3500 metri cubi di libri in un edificio 1100 metri quadrati. Servirebbero oltre due milioni di questi edifici, per un totale di 2300 kmq, l’atlante definitivo potrebbe stare in un’area dell’estensione della provincia di Reggio Emilia, dedicandola a questo nobile scopo con buona pace dei suoi abitanti, che andrebbero deportati**.
Fortunatamente, abbiamo Google Earth: le foto aeree arrivano al dettaglio di un pixel al metro quadrato, avremmo bisogno di risoluzioni circa 100mila volte superiori per stampare porzioni di territorio in scala 1:1 con qualità decente, ma c’è anche la google street view, che usa fotografie fatte a terra, e le foto degli utenti, la cui risoluzione può benissimo superare l’1:1 se le fanno col macro, e i modelli digitalizzati vettoriali.
Se rinunciamo al formato cartaceo, Google ci può dare l’Atlante Definitivo in una decina di anni.

* per la Regione Liguria, in effetti la carta tecnica 1:5000 e la 1:10000 sono uguali
** domenica scorsa sono stato al Cerreto a fare una camminata, al ritorno sono stato al bar sul Passo, ho aperto la Gazzetta di Reggio a una pagina a caso, ci ho trovato una foto di Jukka Reverberi.


amor di completezza

7 gennaio 2010

Innanzi tutto, buon anno. Visto il successo dei miei precedenti post, continuo allegramente a battere la lingua dove il dente dei reticolati chilometrici duole, anche perché questo argomento non mi pare sufficientemente dibattuto dalle auctoritas.
Oggi parleremo quindi delle cartine, quelle cartacee che compriamo quando siamo in gita sulle Dolomiti, e che recano il marchio “GPS compatibile”. Tale marchio non risponde a un preciso disciplinare, e viene apposto dalle cartografiche per vendere qualche copia in più; per la verità, non è nemmeno immediatamente chiaro cosa possa significare. Provando a ragionarci, usare una cartina con un apparecchio GPS può significare essenzialmente due cose distinte:

  1. vado in giro con un GPS non cartografico, di quelli che mi danno solo le coordinate del punto in cui mi trovo, e posso trovare quel punto sulla cartina.
  2. posso scannerizzare la cartina e “georeferenziarla” sul mio PC di casa, per poter progettare un percorso a tavolino e caricare la traccia sul GPS in modo che mi indichi il percorso. Se ho un palmare con GPS integrato, e io ce l’ho, posso anche caricare la cartina georeferenziata direttamente sul display e vedere la mia posizione sulla carta in tempo reale.

Nel primo caso, per essere “GPS compatibile”, una cartina deve avere, a bordo carta, l’indicazione delle coordinate geografiche: poiché un GPS di default mi dà le coordinate geografiche (cioé in gradi, minuti e secondi) secondo il datum WGS84, è bene che tali coordinate siano segnate in tale sistema, ma è anche vero che la maggior parte dei GPS moderni possono essere impostati in modo da restituire coordinate in qualunque sistema, sia geografiche che proiettate, perciò con questo piccolo accorgimento basta anche un reticolato chilometrico con coordinate proiettate per trovare la propria posizione sulla carta.
Per poter essere scannerizzabile e “georeferenziabile” invece, basta l’indicazione in legenda della proiezione adottata e le coordinate, secondo tale proiezione, almeno ai 4 angoli. Un errore che fanno molti è quello di usare il reticolato chilometrico per prendere i punti: se il reticolato è difforme dalla proiezione, i punti saranno sbagliati (questa è una delle ragioni pratiche dell’inopportunità di tale abitudine). I più comuni programmi per GPS neanche permettono di georeferenziare una carta dando punti in un sistema diverso da quello della proiezione: se scannerizzo una carta proiettata in Gauss Boaga con datum Roma1940, dovrò georeferenziarla dando 3 o più punti in Gauss Boaga / Roma 40 e non, per dire, in UTM 32N/ ED50*.
Comunque sia, per questo secondo caso, la “compatibilità” con un GPS sarebbe data semplicemente dall’indicazione in legenda della proiezione adottata e l’indicazione a bordo carta di almeno 4 punti in tale proiezione, se non l’intero reticolo, come auspicavo due post addietro. Abbiamo visto quindi che con qualche workaraound qualunque cartina che abbia uno straccio di reticolato o almeno delle straccio di indicazioni a bordo carta è “GPS compatibile”, a partire da quelle IGM degli anni’40, ma una compatibilità piena e immediata si ottiene con tre semplici accorgimenti:

  • indicazione del sistema di proiezione e datum adottato
  • reticolato chilometrico, o almeno gli inviti a bordo carta secondo quella proiezione
  • riferimenti geografici a bordo carta, preferibilmente secondo il datum WGS84, e tradizionalmente su una barra bianca e nera.

Vediamo qualche esempio di carte topografiche o escursionistiche in scala 1:25000, corredato dal mio autorevole, insindacabile, severo giudizio (cliccare per ingrandire):

1. Carta delle Alpi Apuane della Multigraphic
– nessuna informazione sulla proiezione
– c’è un reticolato chilometrico ma non sono riportati né i valori né il sistema adottato
– indicazioni geografiche solo ai 4 angoli (datum ignoto)
Esempio di cartina ridicola. Uno che se ne intende può intuire che la proiezione sia UTM/ED50 perché si tratta di una ricoloratura di una carta IGM, per il resto la mancanza di riferimenti la rende totalmente incompatibile per qualsiasi uso con GPS, ma anche per qualunque altra applicazione cartografica (ad esempio comunicare la propria posizione ad eventuali soccorritori). Voto GPS mauto: 4, 3 se ci mettiamo dentro anche la qualità della stampa.

2. Carta dell’Alta Via dei Monti Liguri dello Studio Cartografico Italiano
– proiezione Gauss Boaga / Roma 1940
– griglia chilometrica UTM/WGS84 (in verde)
– coordinate geografiche WGS84 ai 4 angoli ed ogni 1′ (in verde, inviti)
– coordinate geografiche ED50 ogni 1′ (azzurro, inviti)
– coordinate metriche UTM/ED50 (cifre azzurre con inviti viola)
– coordinate metriche Gauss Boaga / Roma40 (solo gli inviti, in rosso)
come dire dal niente al troppo, ecco i soliti sboroni: per vantare una piena compatibilità GPS affollano il bordo carta con coordinate in 5 sistemi di dubbia accuratezza. Peccato che la carta non sia nemmeno orientata a nord, ma ortogonale alla quadrettatura chilometrica, mentre anche i cani e le scimmie sanno che ogni cartina deve essere orientata secondo l’angolo medio delle direttrici meridiane geografiche. Il reticolato non è quello della proiezione, di cui abbiamo solo gli inviti come se fosse il meno importante, mentre è in realtà l’unico che permette di georeferenziare correttamente la cartina. Ridicola (ed inesatta) la nota in legenda che dice “per l’uso con il GPS si può impostare indifferentemente il datum WGS84 o Ed. 1950 tenendo però presente che la quadrettatura chilometrica evidenziata è riferita al WGS84.”. Voto GPS mauto: 5

3. Carta Kompass con marchio “GPS” (n.629, zona Rosengarten):
– proiezione UTM/ED50
– reticolato chilometrico UTM/ED50 (in magenta)
– reticolato geografico ED50 in azzurro ogni 5′ e relativi inviti (triangolino azzurro) ogni 1′
– altri misteriosi inviti in azzurro, che poi ho capito segnare i punti dove deve essere piegata la cartina in tipografia (lol)
C’è quello che serve, personalmente preferisco la barra bianca e nera per le coordinate geografiche, e niente griglia (che aggiunge confusione). Non riesco a trovare esempi dei diretti competitor della Kompass, le cartine Tabacco. Voto GPS mauto: 6

4. Carte IGM della serie 25
– proiezione UTM/ED50
– coordinate geografiche secondo il datum ED50 ai 4 angoli e lungo tutto il bordo (barra bianca e nera ogni primo di grado)
– reticolato chilometrico conforme alla proiezione della carta, cioè UTM/ED50 fuso 33
– inviti per il reticolato chilometrico UTM/ED50 del fuso 32 (in corsivo)
– inviti anche per i reticolati Gauss Boaga per entrambi i fusi (ovest con pallino nero, est con una Y)
Una buona pletora di informazioni (anche troppe), si potrebbe obiettare, come per la precedente, che al GPS verrebbe più comodo il datum WGS84, ma le nuove carte IGM (la serie 25DB) usano l’ETRS89, che all’atto pratico può considerarsi la coniugazione europea del WGS84 (lo shift dei punti nei due datum è inferiore ai 50 centimetri). Voto GPS mauto: 7 (8 per la serie 25DB)

5. Cartina per mountain bike dell’ufficio turistico della Val Gardena:
– proiezione UTM/WGS84
– reticolato chilometrico conforme alla proiezione
– barra bianco/nera per le coordinate geografiche WGS84 ogni 1′
Ecco la perfezione dove meno te la aspetteresti: una cartina dell’ufficio turistico, senza marchio blasonato, senza compatibilità GPS strombazzata in copertina, ma con la proiezione ideale (UTM/WGS84), il reticolato ad essa conforme e la barra bianca e nera per le coordinate geografiche. Niente di più, niente di meno di quello che serve. Voto GPS mauto: 10

* Se la cartina non dovesse riportare alcuna indicazione, prassi comune è quella di “indovinare” la proiezione (se ne usano 3 o 4, in italia, non di più) e georeferenziare con punti ritrovati su Google Earth. Ma ricordiamoci che Google Earth dà le coordinate geografiche in WGS84, o, scegliendolo nelle opzioni, proiettate secondo il sistema UTM, immagino sempre con datum WGS 84, quindi per georeferenziare una scansione con punti presi da Google Earth, occorre prima avventurarsi nella giungla dei convertitori di coordinate, che specialmente nel caso della trasformazione verso Gauss Boaga non sono affatto immediati.


giocattoli vibranti per adulti

14 dicembre 2009

Ho messo in vendita il mio vecchio GPS, per chi fosse interessato. L’antenna di vecchia generazione non soddisfaceva gli standard che mi sono dato per la rilevazione sentieristica, per quanto sia più che sufficiente per ogni altra applicazione. OK, ammetto che pure per i funghi non va bene, perché perde il segnale nel bosco fitto, ma per la mountain bike e l’escrursionismo va bene.
Ho preso un apparecchio dotato di antenna Sirf Star III. Sono una fashion victim del Sirf Star III, forse altri chip hanno prestazioni paragonabili, o magari fanno meglio, ma resta il fatto che io sono tra le vittime dell’ufficio marketing della Sirf. Ho preferito la soluzione smartphone, visto che contemporaneamente mi si era pure rotto il telefono e avevo anche venduto la chiavetta per l’internet mobile, così faccio tutto con un apparecchio solo, e soprattutto ci metto il programma che voglio io e le mie cartine, non quelle della Garmin, di cui abbiamo già parlato. Credevo di trovarmi davanti ad una scelta infinita di marche e modelli, ma scremando tutta la monnezza in commercio da quelli che non hanno il chip Sirf Star III, e quelli che non si connettono in HSDPA si rimane con meno di 10 modelli, se poi restringi ulteriormente su quelli con 128 mega di RAM ne restano 3*, di cui solo 1 venduto in Italia, questo. Certo, è un Acer, per la precisione un E-ten rimarchiato Acer, perché la Acer non è capace di fare le cose, le fa fare agli altri e le rimarchia. Marchio poco cool? Forse, ma tutti i vostri bei Nokia e i vostri bei HTC montano un chip GPS della Qualcomm, e costano il triplo. La comparativa di chipset GPS più seria che ho visto è questa, certo, non è una comparativa molto seria, basata su un solo test, senza benchmark, senza niente, ma comunque dà risultati chiari su chi spadroneggia il mercato dei chip GPS non differenziali. Fanno bene alla Nokia: quanti sono gli utenti che si accorgono (o a cui frega qualcosa) della differenza tra un economico chip Qualcomm e the real thing? Pochi.
Unica nota negativa, sono stato inculato da Unieuro. Era in offerta a 179 euro ma solo se lo ordinavo per posta, spendendo 7 euro di spese postali e imbarcandomi il gran casino di rispedirlo via corriere nel caso avessi dovuto restituirlo, cosa che per fortuna non è successa, mentre in negozio stava a 269. Quindi l’ho preso via posta, e il giorno che è finita l’offerta all’Unieuro via posta l’hanno messo in offerta in negozio, sempre a 179. Pazienza, dico, mi sarei infuriato ben di più se in negozio l’avessero messo a meno. In ogni caso, con 179 euro posso andare da uno con l’Iphone da 700 euro e dirgli “bella quella foto, me la mandi col bluetooth?” “ehmmm… uhmmm…” “beh allora mandami un MMS” “uhmmmm… ehmmm…” “dai, vediamo chi ha il GPS più preciso” “uh uh, oh oh”. Belinoni.

*queste operazioni sembrano più time-consuming di quanto non siano, se non si conosce pdadb.net


terra di leggére

2 dicembre 2009

Da qualche giorno dormo male per via dei reticolati chilometrici.
I miei lettori digiuni di cartografia non me ne vorranno se uso queste pagine per il mio sfogo, d’altra parte noto nelle statistiche che il mio precedente intervento sulla materia è uno dei più ricercati dagli utenti di Google. (Che poi, Google ha i giorni contati).
Naturalmente so tutto di coordinate, proiezioni, datum e mozze varie, e presumo che i miei lettori ne siano altrettanto edotti, e comunque non tocca a me farvi la prima lezione di cartografia, vista la crescente mole di esaurienti pdf che si possono scaricare altrove; passo quindi direttamente alla polemica.
Mi chiedo perché cazzo continuino a capitarmi per le mani delle cartine con reticolati chilometrici non conformi alla proiezione adottata*.
Certo tutti sappiamo cos’è e come si usa un reticolato chilometrico: abbiamo la nostra carta topografica, sopra la quale ci sono dei quadretti, questi quadretti alle scale normalmente usate in topografia (1: 5<50 mila) sono tipicamente di lato 1 chilometro e per questo si chiamano chilometrici. Servono a rendersi conto delle distanze a colpo d’occhio, e a trovare le coordinate piane di un punto, vale a dire la distanza in metri di quel punto dall’equatore in latitudine, e rispetto al meridiano centrale della proiezione per la longitudine (con opportuno falso est, si intende, per non fare casini). Certo, le coordinate ottenute si riferiscono al sistema con cui è stato disegnato il quadratino, e se devo mandare qualcuno a scavare un buco in quel punto o sganciarci una bomba, è importante essere d’accordo sul sistema adottato.
La babele di standard comunemente usati in cartografia, primo grande scoglio degli studenti, non semplifica le cose, ma mi aspetterei che il reticolato seguisse la proiezione, e lo dico non perché sono cattivo, ma perché sono sicuro che nella proiezione della carta, il reticolato chilometrico ha lato di un chilometro, le linee sono dritte, e i quadrati sono quadrati. Invece quello che vedo è che la carta usa una proiezione, che magari è quella più precisa, o è quella disponibile perché rilevata in tempi antichi e non più modificata, diciamo pure Gauss- Boaga, e facciamolo ‘sto nome, mentre il reticolato, che è più facile da fare (basta tirare delle righe) è aggiornato a quello più in voga, che si pensa possa tornare utile all’utente a cui viene richiesto il punto secondo uno standard di moda (diciamo UTM, e va bene, diciamo UTM, ma che UTM? Quello ED50 o quello WGS84, che è 100 metri più in là?).
Il ragionamento sembra giusto, ma è viziato dal fatto che, così facendo, il reticolato non è formato da quadrati, ma da un cazzo di quadro di Bridget Riley.
Mi si obietterà che le deformazioni sono piccole, e all’atto pratico, su scale topografiche le linee risultano dritte e semplicemente traslate rispetto al reticolato della proiezione originale. Sarebbe inutile, insomma, disquisire su un errore infinitesimale, invisibile nella scala che stiamo usando, e senz’altro meno importante di errori ben più rilevanti insiti nella stessa tecnica cartografica (stiamo pur sempre facendo finta che la terra sia piatta!).
Ma sono datum diversi, non sono discorsi. Se prendo l’ellissoide internazionale di Hayford del 1924 e lo oriento a Roma è una cosa diversa da orientarlo a Potsdam. Il centro della terra va a cadere da un’altra parte, il polo nord va a cadere da un’altra parte, e mi ritrovo un punto spostato a nord di 180 metri, e a est di 53, ma non precisamente, Gesù Cristo, non dappertutto. Bisogna fare i conti punto per punto, si devono seguire le tabelle, viene una roba spannometrica e inelegante, ti rimane comunque un errore di qualche metro che non elimini.
Nelle carte serie, il reticolato segue la proiezione e poi, per completezza, per curiosità, o per comodità dell’utente, ci sono gli “inviti” sui bordi della carta, che individuano il reticolato (teorico e spannometrico) relativo a un’altra proiezione, invece capita di vedere il contrario, il reticolo disegnato è quello dell’altra proiezione, e solo gli inviti del reticolato relativo alla proiezione della carta.
Questa vergogna deve finire.

QUESTO BLOG E’ CONTRARIO AL RETICOLO CHILOMETRICO DIFFORME DALLA PROIEZIONE

* Ha cominciato l’IGM, che ha preso tutti i punti trigonometrici con un sistema nazionale (il Gauss-Boaga) in tempi di autarchia, ma ha pubblicato poi le carte con reticolato UTM con datum europeo 1950 per conformarsi agli standard NATO. Col passare degli anni, si è capito che un sistema di coordinate universale (l’UTM) valido per tutto il mondo non poteva andare avanti con dei datum regionali, e si è lavorato per un datum che andasse bene a tutti (WGS84), e contemporaneamente preciso per nessuno. Oggi il WGS84 è il sistema usato nei GPS e per questo tutti a chiedere il reticolato UTM(WGS84) e a sputare sul reticolato UTM(ED50), per non parlare dell’unico reticolato legittimo per una proiezione Gauss-Boaga con datum Roma40: il reticolato Gauss-Boaga con datum Roma40! Quello che sfugge è che le carte sono sempre le stesse, prese con i punti trigonometrici autarchici di cui sopra, e che il GPS lavora, sì, sullo standard WGS84, ma parliamo dello standard geografico (in gradi), non di quello proiettato, ergo le macchinette per restituire coordinate piane in UTM(WGS84) fanno esattamente la stessa fatica, gli stessi calcoli e le stesse approssimazioni necessarie per darvi le coordinate piane in qualunque altro sistema, ma se non altro, lavorando con una cartografia coerente si eviterebbe di introdurre un ulteriore errore, per quanto trascurabile possa essere.